Rifiuti&Sicurezza

Ambiente e inquinamento

Nell’era moderna ognuno di noi, almeno una volta, ha sentito parlare di «inquinamento ambientale»; ma che cos’è di preciso un inquinante?  Una ragionevole definizione di inquinante è la seguente: «una sostanza presente in concentrazione maggiore rispetto a quella naturale, come risultato dell’attività umana, che ha un netto effetto dannoso sull’ambiente o su qualcosa di valore in esso.» . Le matrici ambientali su cui gli inquinanti agiscono sono l’acqua, l’aria e il suolo e ogni inquinante può esplicare i propri effetti dannosi su una o più matrici, in base alla sua forma fisica e/o trasformazione chimica. Gli inquinanti possono presentarsi in forma solida (ad es. metalli), liquida (ad es. PCB) o gassosa (ad es.NO2, NH3, CO2, O3). E’ bene chiarire che la causa di ogni tipo di inquinamento sul nostro pianeta è sempre L’UOMO!!!!! Infatti in natura esistono dei cicli (il ciclo dell’azoto, del carbonio, dell’ossigeno, dello zolfo) mediante i quali il bilancio netto della materia è sempre nullo; in altre parole la materia è soggetta a trasformazioni cicliche e non si produce alcun tipo di rifiuto. Viceversa le attività umane (comuni e/o industriali) producono sempre residui che causano inquinamento. Le sostanze inquinanti prodotte dalle suddette attività possono contaminare l’acqua, l’aria e il suolo e l’azione dannosa che esse provocano dipende sia dalla loro natura chimica, sia dalla concentrazione e sia dalla matrice ambientale sulla quale impattano; inoltre alcuni inquinanti possono anche passare da una matrice all’altra, esplicando i loro effetti dannosi ovunque si trovino (è il caso ad esempio del mercurio e dell’arsenico che, prodotti da scarichi industriali in aria, possono inquinare il suolo e la falda; per azione di alcuni batteri presenti nei sedimenti del suolo possono essere convertiti in forme metilate altamente volatili e, quindi, ritornare in atmosfera). Ma quali sono questi inquinanti e quali effetti possono avere sulla salute umana? Data l’enorme varietà di composti risulta estremamente difficile effettuare un’unica, rigorosa classificazione delle sostanze inquinanti; tuttavia possiamo immaginare di includerne la quasi totalità nelle seguenti 3 classi:

1) sostanze inorganiche (ad es. cianuri, nitriti, solfuri, ammoniaca,ecc.)

2) sostanze organiche (ad es. benzene, IPA, PCB, diossine, ecc.)

3) metalli e loro composti (ad es. mercurio, cadmio, berillio, piombo, tallio, ecc.).

Alcune di esse sono tristemente note all’uomo per gli effetti nefasti di cui sono state protagoniste nel passato:

– nel 1956 nella baia di Minamata in Giappone ci fu un rilascio accidentale di metilmercurio nelle acque reflue di un’industria chimica locale; questo composto si accumulò nei molluschi e nei pesci, provocando morte e danni neurologici e mentali a parecchie migliaia di persone che si cibarono del pesce contaminato;

– nel 1984 a Bhopal in India ci fu una perdita in atmosfera di circa 40 tonnellate di metilisocianato, un gas tossico, da parte di una ditta produttrice di fitofarmaci; oltre 2200 persone morirono e parecchie migliaia rimasero intossicate;

– nel 1976 in Italia, a Meda, a causa di un guasto tecnico nello stabilimento Icmesa che produceva diserbanti, si ebbe uno sbalzo incontrollato della temperatura in un reattore chimico che provocò dapprima la formazione di diossina e poi un’esplosione che favorì il rilascio in atmosfera di una nube di questo inquinante (rilascio favorito anche dal forte vento) che fu responsabile a Seveso di oltre 240 casi di cloracne, una grave affezione della pelle provocata dall’esposizione al cloro contenuto nella diossina.

Le attività di tipo industriale da cui originano le sostanze inquinanti sono molteplici; un elenco non esaustivo di tali attività a titolo di esempio può essere il seguente:

industria petrolifera (sostanze organiche di ogni tipo, come benzene, MTBE, etilene);

industria metallurgica (metalli come cadmio, cromo, zinco, nichel, rame);

cementifici (metalli come cadmio e zinco ma anche ossidi di azoto (NOx) e ossidi di zolfo (SOx);

industria conciaria (cromo VI e solfuri);

industria chimica (solventi clorurati come tricloroetilene e cloroformio, formaldeide usata nella produzione delle plastiche, PCB e ftalati usati come plastificanti);

discariche (percolato, la cui composizione dipende dalla tipologia del rifiuto che lo genera);

processi di combustione di combustibili fossili (metalli come Vanadio, Mercurio, Antimonio).

A questo poi bisogna aggiungere l’inquinamento urbano, dovuto essenzialmente all’attività delle caldaie (PM10) e del traffico veicolare (NOx, CO, SOx e benzene). Per avere un’idea degli effetti sulla salute che queste sostanze possono esercitare basta consultare, ad esempio, la tabella 3.1 del Regolamento CE 1272/08 che disciplina la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze pericolose (cosiddetto «CLP»): nella colonna che riporta la categoria di pericolo potremmo osservare come, ad esempio, tutti i tipi di asbesto siano cancerogeni, oppure che l’arsenico metallico abbia una bassa tossicità acuta ma sia cancerogeno in molti suoi sali, o ancora il nichel che è cancerogeno sia come metallo e sia in molti suoi composti. Un inquinante di cui si sente parlare spesso è la diossina; a tale proposito è bene precisare che la diossina fa parte di una famiglia di composti, e il nome completo della diossina è 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina; questa diossina può liberarsi dalla combustione di sostanze organiche aromatiche contenenti cloro (ma viene totalmente distrutta ad una temperatura di circa 850°C), provoca cloracne (una grave affezione della pelle), è solubile nei grassi ed è bio-recalcitrante (i batteri normalmente presenti nel suolo non riescono a degradare i legami carbonio-cloro).

Un’altra classe di sostanze inquinanti molto diffusa è rappresentata dai «PCB» (policlorobifenili); scoperti per la prima volta come inquinanti ambientali nel 1966 essi sono usati come plastificanti e isolanti in vernici, condensatori e trasformatori, sono solubili nei grassi, sono molto resistenti alla degradazione chimica e/o biologica e molto persistenti nell’ambiente (ai fini del trasporto sono inquadrati nella classe 9 ADR). A seconda del numero degli atomi di cloro presenti nella struttura base del bifenile si possono ottenere ben 209 composti differenti.

Per quanto riguarda i metalli, sicuramente il berillio, il cadmio, il cromo, il mercurio, l’arsenico, il tallio e il piombo sono quelli più pericolosi per la salute; in particolare il mercurio è molto pericoloso perché può essere trasformato in derivati organici da alcuni tipi di batteri e passare in atmosfera (metilmercurio); esso veniva impiegato spesso nell’industria chimica come catalizzatore o reagente, ma in seguito si è visto come provochi gravi danni al cervello, perché può attraversare la barriera ematoencefalica e causare demenza ed anche rottura dei cromosomi. Il berillio non è un metallo molto utilizzato e la sua presenza nell’ambiente deriva essenzialmente dalla combustione del carbone; può provocare dermatiti da contatto, la berilliosi (malattia professionale che danneggia i polmoni) e anche il cancro. Il cadmio, usato nella placcatura dei metalli, invece è pericoloso poiché essendo chimicamente molto simile allo zinco subisce gli stessi processi biologici e geochimici; tra i suoi effetti nefasti ricordiamo i danni ai reni, la distruzione dei globuli rossi e l’osteomalacia (malattia delle ossa causata dall’interferenza del cadmio nel metabolismo del calcio). L’arsenico è tossico in molti composti allo stato di ossidazione (V); entra in atmosfera con la combustione del carbone, può essere metilato ad opera dei batteri (come il mercurio), provoca vari danni al fegato, al sistema nervoso centrale ed è un cancerogeno accertato. Il tallio fino a poco tempo fa veniva utilizzato come topicida e/o insetticida; provoca danni neuronali, epatici e renali e può causare sordità e perdita della vista. Il cromo è noto per il suo impiego industriale contro la corrosione; il cromo (VI) può causare la perforazione del setto nasale, danni renali e il cancro ai polmoni.  Infine il piombo, usato nell’industria come catalizzatore in molte reazioni chimiche, è talmente diffuso nell’ambiente che i suoi effetti nefasti sono noti da tempo (Orfilia 1817); può provocare anemia, ritardo mentale, epilessia e neuropatie, danni al nervo ottico e persino cecità. Anche il piombo può interferire con il metabolismo del calcio e dello zinco (come il cadmio), essendo quindi per questo motivo molto pericoloso per la salute.

Tutti questi inquinanti prodotti da attività industriali possono poi contaminare il suolo o la falda acquifera (a seconda della speciazione e della solubilità) e causare gravi danni anche alla flora e alla fauna; infatti in un qualunque corso d’acqua essi esplicano la loro prima azione dannosa nell’aumento del BOD (Biological Oxygen Demand), cioè sottraendo ossigeno all’acqua (necessario alla loro degradazione biologica) e provocando la morte delle specie acquatiche presenti; inoltre molti metalli sono fito-tossici (per esempio l’alluminio). Molto spesso, in acque inquinate povere di ossigeno, viene somministrato lo ione nitrato come fonte di emergenza di ossigeno per il ripristino della normale crescita batterica.

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